L’APPENNINO NUDO
Il bel paese ch’Appennin parte e ’l mar circonda e l’Alpe”
Che cos’è per te l’Appennino?
Non parlerò di quella catena lunga 1200 km che dona una sorta di struttura ossea a tutto lo stivale.
Racconterò di una porzione di questa catena, poco conosciuta, che si estende per una trentina di chilometri, posta a metà trà il mar Adriatico e il mar Tirreno, le cui acque torrenziali in certe zone si dividono per prendere strade diametralmente opposte.
Le Serre.
Un luogo incantato che vedo morire lentamente. Una terra che si svuota di anno in anno, lasciando spazio alla natura, all’abbandono, al decadimento.
Alberi giacenti lì, indisturbati per anni, che bloccano strade e vecchi passaggi, ma che in fondo non disturbano nessuno.
Questa è una raccolta di momenti, emozioni e sentimenti vissuti in queste terre. Culminanti nelle immagini fotografiche che seguono.
L’Appennino, in questa mia dimensione, è fatto di montagne minori, meravigliose, che ti danno la possibilità di immergertici dentro, ma che vanno guardate con rispetto.
I cavalli, le pecore, le mucche al pascolo d’estate, la transumanza degli animali fino ad arrivare all’inverno e allora la neve, il vento pungente che brucia e fa sembrare queste piccole montagne dei veri giganti. I lupi, sempre in guerra con pastori e allevatori, le devastazioni degli ungulati e alzando gli occhi al cielo, le poiane che non si stancano mai di cacciare, lasciano spazio solo alla regina dei cieli. L’Aquila reale. E ancora, le faggette e i panorami a 360 gradi, il verde.
“ Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che’ troni assai suonan più bassi,e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria.”
Questa terra è anche la fatica, le tradizioni religiose un tempo attese con fervore e che oggi stanno scomparendo, è la vita degli abitanti fatta di sacrificio.
Le persone nate in questi posti, spesso non hanno avuto scelta. Abbandonate, sono state costrette a cercare soluzioni migliori. Lasciare il bestiame per una valigia ed una destinazione che potesse offrire una vita migliore. Per se e per la proprio famiglia.
Chi è rimasto ha avuto coraggio. Lavorando con fatica per anni in una dimensione non a portata di tutti.
Chi è rimasto ha visto amici e conoscenti andarsene. Ogni anno un pezzo di antica civiltà agreste veniva meno.
Quell’inurbamento che a lungo andare non so quanti benefici abbia portato.
I pochi greggi rimasti in giro, il bosco che sta riprendendo territorio o la strada principale che cede alle frane, mi da l’idea di questa dimensione dell’abbandono.
L’urbanesimo ci ha tolto via via ogni tipo di servizio. Ed è così che molte cose rimangono abbandonate a se stesse, come le strade o le scuole di montagna, troppo costose per così pochi abitanti.
Tutto si trasforma velocemente e sembra che la natura voglia riprendersi ogni cosa, ma in maniera troppa aggressiva.
E allora cosa ne sarà di questo Appennino?
Tempo fa passando in un paesino di montagna, in continua decrescita demografica, mi fermai ad osservare il cimitero e pensai a tutti quei lumini accesi, ce n’erano davvero molti.
Più lumini che abitanti.
Era ciò che rappresentava per me l’appennino.
Ma non può essere solo abbandono e decadimento.
Così mettendoci, non solo l’anima, ma anche il corpo, ho iniziato a camminare per queste cime dolci ed ondulate, su e giù per questi dislivelli.
Camminare per le vecchie mulattiere, nei sentieri tracciati dal CAI o in quelli religiosi . Albe e tramonti con un’unica costante. Meraviglia.
Dalle Serre tutto ha una dimensione giusta, come se ogni luogo sia possibile toccarlo e così, anche la parte più settentrionale del Montefeltro sembra proprio a portata di mano.
Guardandomi intorno, ammiro il Sasso Simoncello che segna i confini della regione storica del Montefeltro, ma anche quelli reali di Marche, Emilia Romagna e Toscana.
Voltandosi leggerememte a sinistra ecco il Monte Amiata che scavalca tutti i rilievi umbri e come il primo della classe lo immagino lì, con la mano alzata ad affermare la sua preminenza, situato tra lazio, Toscana e Umbria, lo vedo in prospettiva proprio dove il sole va a morire.
Ma girovagando, ci si accorge anche di qualche piccolo cambiamento, sempre più spesso si vedono persone camminare per le vie delle Serre, ammirando i panorami e godendosi questa dimensione in cui tutto è rallentato.
Addentrandosi nelle stradine puoi imbatterti in un ristorante famosissimo, ma anche agriturismi e ancora più nell’entroterra, tra case diroccate e campi incolti, vedo nuove realtà di chi ci sta provando mettendoci l’anima.
Così nel bel mezzo all’Appennino a 800 m di quota appare, come un miraggio, un vigneto.
Un vigneto che sembra l’inizio di una nuova era.
Non so cosa ci prospetti il futuro, ma credo che in questo periodo storico così particolare sia bello pensare ad un ritorno alle origini. Metterci corpo ed anima.
Camminare e vivere il bosco, insieme al momento, godersi questa dimensione.
Non solo Santiago ma rivalutare anche i nostri cammini, partire da un mare e attraverso questi sentieri arrivare all’altro. Un Coast to Coast che non ha niente da invidiare a nessuno.
Tornare alla natura dolce e vellutata di questi Appennini, essere gli autori di una rivoluzione.
Dare la fama che merita a questa porzione di territorio.
Possiamo disegnare nuovi orizzonti.
Iniziamo a camminare ed impariamo a respirare.
#AppenninoUmbroMarchigiano
#Trekking
#SerraDiBurano
(In copertina, veduta panoramica dal Monte Nerone fino al Monte Titano — San Marino)